sabato 26 aprile 2008

Due vie per l'intelligenza: additare e indicare

C’è qualcosa che sottilmente accomuna fenomeni apparentemente lontani tra loro. Le invettive neoqualunquiste contro partiti, caste varie e poteri assortiti che provengono assomigliandosi da ogni parte, appartengono tutte al grande fronte del grillismo. Ovvero di quel costume estremamente diffuso nella nostra cultura che potremmo definire dell’additare.

Puntare l’indice su qualsiasi cosa facendolo a pezzi vuoi con le peggio parole, vuoi con analisi sottili, è il modo più semplice, per chiunque, di sembrare intelligente. Tutti amiamo sentirci intelligenti, nel senso che l’intelligenza resta ancora un valore assolutamente condiviso e una virtù della quale nessuno vuole essere privato. L’intelligenza però è una pratica faticosa, quindi ognuno va in cerca di ogni scorciatoia possibile, e l’additamento è la regina delle scorciatoie.

Additare vuol dire essenzialmente sottolineare ciò che è sbagliato, brutto, ingiusto, inefficace, negativo. E dato che per ogni scelta possibile, il numero degli errori possibili è sempre di gran lunga superiore a quello dei successi concreti, ovvio che l’esercizio dell’additamento costituisca una facilissima strada per il successo cognitivo. “Visto? L’avevo detto!!” costituisce generalmente il premio più facile da riscuotere.

Se vogliamo avere una qualche possibilità di incidere sulla trasformazione della cultura di questo Paese, invece, credo dobbiamo imparare collettivamente l’uso dell’indicare. Ovvero praticare la speciale virtù del puntare l’indice verso un orizzonte, un obiettivo e una o più strade per raggiungerlo, o almeno per provarci.
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Che è anche l'unica possibile prospettiva pedagogica capace di uscire dal pantano ormai epocale prodotto dall'ipertrofia dello sguardo, sempre più acuto, accompagnato dalla povertà del gesto, sempre più impacciato.

7 commenti:

Anonimo ha detto...

Bisogna scegliere se additare sempre o indicare sempre?
Nessuno elogio alla schizofrenia degli intenti ma un po' di pietà per chi come me, la generazione dei trentenni, ha visto per molto tempo indicare Terre Promesse che solo quelli della generazione precedente hanno potuto, non solo immaginare, ma anche abitare.
E se ora diamo retta ai giullari di turno non è per il desiderio di sentirci arguti ma per un fondo di sottile disperazione, un moto debole di rivincita, un bisogno di dignità che responsabilmente ci è stata sottratta giorno dopo giorno da chi ci ha preceduto...e in tutto questo ci sentiamo anche additati!

Igor Salomone ha detto...

No, non ho sostenuto di dover essere duri e puri. Ho anche detto che capita pure a me di additare, ma insisto che questa è una deriva che non porta da nessuna parte. Anzi. Porta esattamente dove siamo, a dare il potere a chi gioca con l'additare gli altri tenendo fuori sè stesso dal gioco.

Certo, poi resta che si può equivocare sulla metafora dell'indicare. E hai ragione a sospettare un tranelle pure vecchio. Ma non mi riferivo all'indice che indica il sol dell'avvenir... Quello, del resto, è un gesto di indicazione del tutto fasullo. Come se qualcuno ti chiedesse una determinata via e tu gli rispondessi che sta da qualche parte nel suo futuro, purchè ci creda e si sacrifichi.

No, si indica una direzione e una strada possibile, con tappe e costi del viaggio e con una condivisione di responsabilità sul medisimo. Altrimenti è, e avresti ragione, solo fuffa.

Anonimo ha detto...
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Anonimo ha detto...

Certo, indicare. Se non sbaglio si traduce così quel raffinato discorso introdotto in ambito pedagogico da Angelo Franza, parlando di deissi, ovvero della necessità per la produzione di sapere pedagogico di effettuare un ancoraggio all'esperienza (vissuta, immaginata, pensata). Concordo: c'è bisogno di scartare la genericità qualunquista dell'additare nemici, colpevoli, ma anche - in positivo - mete e orizzonti vacui. Abbiamo bisogno di indicare riferimenti rintracciabili e comprensibili, ma allo stesso tempo di svelare gli ancoraggi che soggiacciono ai discorsi dei protagonisti. Forse si tratta di ripartire dal riferire e riferirsi ad incontri reali, così come ad immaginari precisi, per dire e dirci con chi sto e con chi intendo andare.
Posso stare con quel ragazzo che non si perde una puntata di amici della de filippi, senza stare con il pardigma del talent show ?
Posso amare il cinema dei fratelli Dardenne senza assumere il tono snobistico di chi scansa il punkabbestia di turno ?
Certo è molto più semplice additare e dire che non starò mai con Berluscon perchè odio lo star system televisivo e non starò mai con Veltroni perchè odio le feste mondane e disprezzo il cinema del tinello.
A.M

Anonimo ha detto...

credo che l'"Additare" sia oggi un modo di pensare spesso accompagnato dall'"Imputare": trovare un colpevole. Questo Habitus riguarda la vita sia pubblica sia privata ed è agito in vari settori:dal politico al sociale, dall'economico al relazionale.
Cambiando atteggiamento potremmo ritrovarci in un confronto dialettico più reale e più PURO e forse essere protagonisti nel proporre obiettivi.

Paola Bosio ha detto...

Questo" Due vie per l'intelligenza: additare e indicare" mi è piaciuto molto. Un giro di boa. Una sorta di salto interazionale OLTRE, a tutto quanto è finalizzato a bloccare, annichilire e rendere paralizzato e impotente questo benedetto essere umano.
Ormai sembrano solo esistere o la rabbia che grida e addita l'uomo nero o l'allarmismo che impaurisce e si arrovella per mostrare all'uomo che, se la terra, ad esempio, sta soffocando…..
è tutta colpa sua e,ovviamente, lui non può più far più nulla.
Una sorta di grande dito che addita colpa e genera immobilismo...oltre che paura, blocchi e chiusure.
Bella quindi la finestra sull'indicare vie possibili…
Vie positive in quanto creativamente praticabili….
grazie!
Paola Bosio

Anonimo ha detto...

Oggi, rispetto ai tempi del sol dell’avvenir è più difficile indicare una strada: prima era tutto bianco-nero e bastava scegliere da che parte stare.
Oggi siamo nel grigio, anzi nell’oro: il colore dorato di una cultura liberale-capitalistica, accattivante, seducente e immediata. Un colore dorato che abbaglia e non fa vedere altro.
Non aderire a questa cultura è faticoso, palloso.
Perché sperare di avere più avanti, alla fine del viaggio, qualcosa di migliore se subito puoi sperare di avere una cosa accattivante?
L’additare lo vedo un po’ figlio di questa cultura: perché rinunciare ORA a sembrare intelligenti, additando, piuttosto che sospendersi nell’incertezza di un viaggio a tappe fatto di successi-insuccessi.
Speriamo si cambi.
Massimo Scali