martedì 3 giugno 2008

Tragedie educative

Due tragedie. La prima esistenziale, la seconda educativa. Qualche giorno fa una madre si dimentica del figlio di due anni e lo lascia in macchina a morire. Non stiamo parlando di un caso sociale. Stiamo parlando di una professoressa di un liceo di provincia. Fosse un caso sociale potrei scrollare le spalle dicendomi che, certo, nel quadro di una problematicità conclamata e certificata ci sta di scordarsi del bimbo, abbandonandolo. Ma una professoressa… e di colpo ti rendi conto con un brivido che potrebbe capitare anche a te. Che niente e nessuno ti può mettere al riparo da un gesto disattento che frantuma irreversibilmente l’esistenza. Sin qui le tragedie della vita, quelle che incombono sul collo di ognuno. Nessuno escluso.

Ma quei ragazzi. Quegli studenti di quel medesimo liceo dove la professoressa dimentica del figlio si è recata per le sue cinque ore di lezione, quei sedici-diciassettenni immortalati dalle telecamere di sorveglianza che si accorgono del bambino chiuso in un’auto parcheggiata nel cortile della scuola, e non dicono niente a nessuno. Salutano dal finestrino, poi se ne vanno. Chissà cosa hanno pensato. Probabilmente nulla. Non era un problema loro. Forse qualcuno tra sé si sarà pure fatto una domanda. Ma la risposta non lo riguardava. Dunque se ne è andato insieme agli altri e, finito l’intervallo, è rientrato nella scuola della professoressa e non ha nemmeno provato ad avvertire un adulto. Non ne ha probabilmente neppure intuito la necessità.

Sono ragionevolmente convinto che se la professoressa, invece di essere una professoressa, fosse stata un’insegnante di scuola elementare, quel bambino di due anni sarebbe ancora vivo. Perché durante l’intervallo a trovare il piccolo chiuso in auto sarebbero stati dei ragazzini di otto/dieci anni. E loro non avrebbero esitato un secondo nel raccontare alla maestra cosa avevano visto. E quel piccolo sarebbe stato salvato. Purtroppo al centro della vicenda c’è una scuola superiore con il suo ripieno di ragazzi adolescenti. I nostri adolescenti, quelli che hanno ormai imparato che nulla di ciò che li circonda, se non ha a che vedere direttamente con i loro interessi, li riguarda. Quelli che la responsabilità abbiamo perso da tempo le istruzioni per programmarli. Quelli pronti magari a filmare l’accaduto e metterlo in diretta su Youtube, ma nemmeno sfiorati dalla domanda se per caso ci sia qualche problema che richieda l’intervento di qualcuno.

La tragedia di quella madre è infinita. E ci rimanda a tutte le tragedie che aspettano ognuno di noi, pronte a balzarci addosso domattina. Ma la tragedia di quei ragazzi inconsapevoli e irresponsabili, è una tragedia collettiva che ci è già capitata. Da tempo.

9 commenti:

Anonimo ha detto...

Caro Igor, grazie ! Con la tua consueta saggezza e grande intuizione, hai dato a tutti noi una lettura originale della terribile tragedia di Robbiate.

Quei ragazzi adolescenti … Quegli studenti … Quei sedici-diciassettenni …
Ti e ci chiedi: “cosa hanno pensato?” Ipotizzi: “forse nulla, non era un problema loro. I nostri adolescenti, quelli che hanno ormai imparato che nulla di ciò che li circonda, se non ha a che vedere direttamente con i loro interessi, li riguarda. Quelli pronti magari a filmare l’accaduto e metterlo in diretta su Youtube, ma nemmeno sfiorati dalla domanda se per caso ci sia qualche problema che richieda l’intervento di qualcuno”.

Ma Igor, cosa possiamo fare come educatori ? Quale è il nostro ruolo, il nostro compito, la nostra responsabilità ?

E non lascerei assolutamente in secondo ordine la tragedia di quella madre, una donna rovinata per sempre, una donna viva ma morta dentro, una donna che comunque deve continuare a vivere e lottare, almeno per i suoi altri due figli. Una donna che non mi sento minimamente di giudicare (come scrivi tu: “potrebbe capitare anche a te”), anzi !

Maurizio Volpi

Anonimo ha detto...

ascolto la notizia alla radio qualche giorno fa. impallidisco. penso al dolore di questa madre. leggo il post. trasalisco. penso al vuoto di questi ragazzi.leggo il commento. rifletto. oggi ne parlerò con i ragazzi del cag. voglio vedere cosa ne pensano. se se ne sono accorti. della notizia, almeno.

Anonimo ha detto...

ok.

allora cosa succede in quello scarto tra il magico (?) mondo dell'infanzia e l'intorbidimento dell'adolescenza?

com'è che i bambini attenti diventano mostruose creature prive di sentimenti se non auto-rivolti?

perchè alleviamo bambini destinati a perdere tracce di umanità e sensibilità?

faccio mia la domanda di maurizio volpi, e dico anche come adulti, cosa possiamo fare, qual'è il nostro compito e la nostra responsabilità?

e perchè le scuole sono diventate luoghi in cui non si insegna qualcosa di "umano"?

perchè gli adolescenti sono portatori di un vuoto, come dice anonimo?

qualcuno ha voglia di dare una possibile lettura di ampio respiro a questo tema che ben si abbina al post precedente (neuroni e bulli)?

Anonimo ha detto...

non è la prima volta che igor sottolinea il vuoto degli adolescenti, il riempitivo offerto dal mostrare su you tube, l'assenza di pensiero e faccende simili.

la domanda è cosa farcene.
una risposta è facciamoglielo fare. tiriamoli giù su un piano di ingaggio dove sperimentare fino in fondo cos'è quella cosa lì (es. youtube) ma guidati e condotti.
facciamoglielo fare a scuola e nei cag, usiamo ciò che c'è per insegnare ed imparare.
portiamoli sui territori che conosciamo (come adulti) e facciamoglieli esplorare.
esponiamoli al dubbio e al timore...

Inciso: so che in passato c'è stato un gruppo di educatori che usava il free climbing come stile di lavoro con i tossicodipendenti. il concetto di base era vuoi sperimentare davvero il rischio. d'accordo MA ... facciamolo insieme, in montagna, faccia a faccia con un rischio vero, con la paura e l'adrenalina, con la sfida concreta di te stesso con l'ostacolo tangibile della montagna. ti sfido a sfidare, a osare, a provare...
e chi ha arrampicato ha una vaga idea dell'incontro possibile con se stessi e con l'ostacolo, e come se ne esce cambiati ... a volte più forti, a volte più consapevoli di essere vivi, a volte anche solo più spaventati. ma con la sensazione di esserci...

il piano di trattamento con gli adolescenti, forse potrebbe essere anche questo.
se la tragedia, come mette in chiusura igor, è oramai in atto tanto vale mettersi in lizza e giocare davvero.

facciamoglielo vedere, facendolo.
sfidiamoli a vivere, anzichè a guardare la vita nei suoi drammi che scorre.

Anonimo ha detto...

Una scuola superiore, di quelle che come oggi sentivo su radio pop, permettono che le famiglie siano molto meno interessate al percorso scolastico dei propri figli, rispetto a quanto succede nella scuola di gradi precedenti. forse perchè, appunto, quel luogo è visto ormai solo come dedito "al compito", all'istruzione come mera trasmissione di contenuti cioè. e forse anche perchè, di conseguenza, si guarda a questa scuola solo come funzionale all'ottenimento di un titolo cartaceo che serve a qualcosa di più o meno imprecisato e che fa sì che l'"occasione scuola" sia solo un trampolino per fare altro, non un luogo in cui stare e portare pezzi di vita.
bombardati come sono oggi i ragazzi dai mass media, non credo che, chi di loro ha visto il bambino in macchina, non abbia buttato lì mezza battuta, magari anche cinica, sulle possibili sorti che attendevano lo stesso piccolo. il punto è che non ne hanno parlato con gli insegnanti: "perchè portare dentro la scuola quanto ho visto fuori dal cancello, che fa parte invece della mia vita? non me lo chiede mai nessuno o se lo chiedono, è solo una richiesta superficiale, poi non si vuole mai tirare in mezzo veramente la vita...".
dico questo non per giustificare i ragazzi in questione, ma proprio per parlare ancora una volta di quel vuoto che c'è, laddove invece dovrebbero esserci uno spazio, un tempo, una relazione e infinite interazioni che diano senso all'esperienza educativa che si sta vivendo, rendendo poi trasversali e trasferibili altrove i diversi apprendimenti.
come dire...? che questa povera madre, forse dovrebbe anche interrogarsi come insegnante?
non vorrei mai essere nei suoi panni. e soprattutto vorrei invece che non sia lei la sola ad interrogarsi, ma gli adulti in generale e, doppiamente, chi di questi ha un ruolo educativo professionale, come stiamo facendo su questo blog.

manu.

Anonimo ha detto...

riprendo un attimo la questione you tube e quant'altro, pur consapevole che il nocciolo del discorso non è solo quello.

quqlcuno ha visto il tg uno di ieri sera e sentito la notizia dei 12 minorenni che hanno devastato un edificio pubblico per 30.000 € di danni?
non so gli altri tg abbiano mandato in onda le immagini (io ne ho visto un altro ma non ricordo quale fosse ma non ha mandati immagini in video) ma il tg si e per lunghi secondi.
mi sono chiesta quanto questa scelta giornalistica (per altro forse anche legittiima) non sia l'ennesima prova per chi ha ancora pochi filtri nella testa che quella è la strada giusta per farsi vedere, sentire ed emergere.
non importa altro che non farsi vedere, esistere per procura, sul video.
ma non ci sono gli adulti ormai che fanno le "peggio cose" per un millimetro di visibilità, che si denudano emotivamente per farsi sentire, per mostrare qualcosa di se? (vedi tutti i programmi di real tv, una buona scelta sono quelli americani su all music.
la vera vita è ormai percepita lì, vuoi vedere che quei ragazzini, in assenza di altro, non avrebbero detto, fatto o qualcosa nei confronti del bimbo in auto solo se ci fosse stata una telecamera.
perchè gli adulti sono così, fanno così.

mi chiedo come mai un giornalista spara il servizio in video così, senza chiedersi cosa suscita il modo in cui dice le cose. ma forse anche lui vuole esistere apparendo, senza pensare scegliere vivere problematizzare.
perchè un 15 dovrebbe fare altrimenti??

monica

Anonimo ha detto...

Devo dire che inizialmente mi ha un po' incuriosito per non dire infastidito questa centratura sugli adolescenti anche in questa vicenda. Mi è sembrata un'operazione simile a quella che accade per gli stranieri (oggi rumeni ed albanesi in testa)ai quali si collegano quasi tutti i mali dell'Italia, problemi della sicurezza in testa. Confesso che sono poche le notizie che approfondisco e di questa vicenda avevo ascoltato solo un servizio ad un telegiornale. Non avevo colto il dettaglio dei ragazzi che vedono il bambino in auto e lo salutano. Anche riflettendoci però mi vien da dire che può essere anche probabile che i ragazzi abbiano pensato che la madre si fosse assentata solo per qualche minuto. E poi.... in quel parcheggio, sono passati solo studenti? Siamo comunque in un contesto dove predomina il diktat del"farti gli affari tuoi" e questo vale per tutti, non solo per i ragazzi.
Con questo non voglio erigermi sicuramente a paladino degli adolescenti di cui conosco abbastanza bene le caratteristiche e su cui condivido le valutazioni preoccupanti esposte anche in questo blog.
Solo che questa vicenda mi ha smosso altro....
Mi ha fatto riflettere molto sugli stili di vita che quasi inconsapevolmente assumiamo non ponendoci il problema di quali siano le priorità a cui dobbiamo dedicare maggiori attenzioni.
C'è un qualcosa che ci trascina per abitudine verso ritmi frenetici, che alla fine ci portano ad eseguire meccanicamente una serie infinita di azioni, a volte perdendone il controllo e spesso senza comprenderne il senso o il valore.
Ed è anche in questo che siamo diventati maestri esemplari nei confronti degli adolescenti. Noi come loro, in questa situazione viviamo un forte disagio (ed a volte anche molta sofferenza)con la differenza che noi teoricamente dovremmo essere maggiormente attrezzati. Guardandomi intorno ho invece l'impressione che la "sguarnitura" di attrezzi persiste per molto, molto tempo: pare quasi che la gente fatichi a diventare adulto e preferisca, nonostante tutto, conservarsi adolescente, vivendo alla giornata, senza porsi grosse questioni, senza prendersi responsabilità. Dal mio osservatorio, anche con i miei "occhi di padre" (visto che ho un figlio pre-adolescente), gli occhi di chi comunque vuole ostinarsi a scrutare l'orizzonte per cogliere segnali di speranza, una delle priorità che colgo è la necessità di continuare a "sbattersi" per mantenere aperte possibilità di relazione. Per far questo è indispensabile che ci si ostini a credere che sia possibile creare delle comunità, anche piccole, dove vi siano adulti disposti a spendersi per costruire legami e relazioni con le giovani generazioni. Ogni possibilità è da percorrere (Nei piccoli paesi della Val Seriana dove risiedo e lavoro questo è ancora possibile, ad esempio, negli oratori anche se non li ritengo gli ambiti esclusivi per questa operazione).
Comunità dove gli adulti si rendano conto dell'importanza di incontrarsi per riflettere attorno a quali siano le necessità e le priorità educative del nostro tempo, assumendosi la responsabilità di tentare di affrontarle ....

Claudio Persico

Anonimo ha detto...

Condivido davvero tutto quello già scritto. E mi sento vicina, senza alcuna retorica, a quella mamma "in corriera", che fa come tante di noi, esercizi di equilibrismo per conciliare gli impegni: il tempo "soggettivo", a quello dell'orologio e degli impegni lavorativi.

Sono rientrata ieri da una settimana al mare, in una già affollata località dell'adriatico. Io e la mia bambina, più nonna d'appoggio. Nessuno (o quasi) adolescente.

Alcune mamme raggiunte nel fine settimana dal compagno, come me, ma la maggior parte, invece, insieme, in coppia, tutti presi dai piccoli gnomi.

Ore 14,00: la mia bimba è a letto con la nonna. Io, furtivamente, raggiungo la spiaggia per un'ora d'aria e sole.
Mi aspetto altre mamme, o papà. Invece, tantissimi piccoli con i genitori. Pochi (ma c'erano) di pochi mesi, e un buon numero che credo superasse di poco l'anno.

Genitori e bimbi sull'orlo di una crisi di nervi, ma chi c'era resisteva, non mollava, non li portava a dormire. I bimbi mi sembravano al seguito. Al seguito di ritmi molto poco umani, prima che vacanzieri".

Sarebbe comodo giudicare, ma non è questo il punto. Sarebbe più utile domandarci cosa possiamo fare per evitare di andare tranquillamente e collettivamente alla deriva. Anche in vacanza.

Monica

Anonimo ha detto...

La vicenda, per certi versi, mi ricorda la tragedia della ragazza di Padova uccisa in Spagna, al mare.
O meglio, me l'ha ricordata la lettura data nel Post. Sembra...e dico sembra...perchè l'indagine è in corso, che questa ragazza, sia stata male poco prima di sparire.
Gli "amici" ricordano di averla vosta sdraiata su una panchina in stato di incoscienza. Sembra che la cosa sia stata letta come assolutamente "normale", tanto che gli amici l'hanno lasciata lì. Poi il vuoto.
Mi sembra inquietante, mi sembra un mondo a parte...oppure no, perchè il "non mi riguarda" è un comportamento sbagliato ma molto più frequente e presente nelle nostre esistenze quotidiane.
Ila